Moto d'epoca: la situazione del Mercato

 

 

 

 

 

 

 

Come sapete questo sito si occupa di moto d'epoca, più particolarmente delle moto da cross e, se in un campo così complesso come quello collezionistico ancora più che in altri è giusto specializzarsi, lo è altrettanto cercare di contestualizzare onde ottenere una visione più ampia e veritiera di quello che può essere la situazione momentanea del Mercato.

 

 

 

Agli osservatori attenti appare sempre più chiaramente il periodo di grande cambiamento geopolitico e societale che si sta vivendo. Si assiste anzitutto ad un processo ormai inesorabile di dedollarizzazione del mondo, con i paesi del BRICS che aumentano di numero, di importanza, che provvedono all'instaurazione di nuove monete di riferimento e nuovi sistemi di transazione bancaria. Tra le 5 banche più importanti al mondo attualmente, anche se pochi lo sanno, 4 sono cinesi. Inoltre, nuove alleanze economiche come quelle tra Iran e Arabia Saudita o Israele e certi paesi arabi promettono un rapido sviluppo economico del Medio oriente. Qualcuno potrebbe pensare che l'attuale conflitto israelo-palestinese sembrerebbe affermare il contrario. Ma per capire le guerre è necessario guardare la loro causa profonda, quindi non soltanto chi le attua, ma anche e soprattutto chi si adopera per renderle inevitabili. Quali nazioni vengono favorite dai due grandi conflitti tuttora in corsa in Ucraina e in Palestina? Di certo gli Stati Uniti son tra questi. Essi sentono la loro egemonia monetaria e bellica sfaldarsi sotto ai loro piedi, particolarmente da quando il loro alleato di sempre, l'Arabia Saudita, ha deciso di pattuire accordi con ex nemici della zona e di vendere il proprio petrolio in valuta diversa dal dollaro. Questo fatto sancisce infatti l'inizio della fine del cosiddetto petrodollaro che ha estremamente favorito le finanze degli USA da oltre mezzo secolo.

 

 

 

Ora, entro questo contesto economico e geopolitico globale si inserisce anche la problematica societale portata avanti dai paesi dell'Occidente, segnatamente dal G7. Anche qui una attenta osservazione dei fatti e delle tendenze in atto già da molti anni fa capire quanto il ceto politico sia assoggettato all'oligarchia internazionale. I vari Bill Gates, Georges Soros, Rockfeller, Klaus Schwab e i re della finanza come Black Rock e i grandi gruppi bancari hanno raggiunto un potere economico e mediatico tale da conferire loro un incontrollabile ascendente sulla politica. Con il risultato che i vari governi finiscono sempre per favorire i grandi detentori del Capitale, psicopatici sempre più voraci di bolle finanziarie che dovranno poi essere “riparate” dalle banche centrali, cioè, in definitiva, dai lavoratori. Perché, se è vero che la moneta si basa sulla fiducia, è altrettanto evidente che questa dipende in realtà dalla capacità di un popolo a lavorare e produrre. Senza questa capacità, necessariamente frammista ad un certo grado di docilità, quei psicopatici non avrebbero nulla da sgranocchiare. Ora, uno degli effetti di tale andazzo, di cui ho accennato anche in un precedente articolo pubblicato sempre su questo sito, è l'inflazione, la quale può ora definirsi galoppante, nonostante il recente rialzo dei tassi d'interesse della Banca Centrale Europea. La creazione spropositata di danaro a partire dal nulla (il cosiddetto “danaro magico”) in questi ultimi anni ha dato il colpo di grazia ad un sistema monetario già sganciatosi dal riferimento all'oro. I governi non sanno più quali tasse aumentare o inventarsi per spremere i cittadini e tentare di abbassare il debito sovrano o, almeno, di ottenere migliori tassi di interesse sui Mercati. E a mio parere agli investitori privati e ai cosiddetti “risparmiatori” conviene sempre più guardare ai Mercati come zona da dove i loro quattrini vengono furbescamente spostati nelle tasche dei grandi capitalisti che come buon investimento. Non parliamo nemmeno, ovviamente, delle condizioni da imbecilli offerte dalle banche e dalle assicurazioni.

 

 

 

Insomma, quel che si può dire di certo è che la mancanza di fiducia nel dollaro e nell'euro, in particolare dopo avere assistito, senza che nessuno potesse opporvisi, al congelamento dei conti europei dei cittadini russi, favorisce la ricerca di nuovi settori di investimenti. Di recente un fondo è nato che si occupa solo di automobili da collezione. Segno inequivocabile che persino gli istituti di credito hanno capito l'antifona e iniziano a prospettare questo settore. La perdita di fiducia nella moneta va di pari passo alla problematica societale in corso che si annuncia piuttosto distopica. Non per nulla tante nazioni hanno acquistato ingenti tonnellate d'oro come rinforzo alle loro valute. In un tale contesto niente di strano se il collezionismo si faccia sempre più appetibile per gli investitori. Certo, le automobili d'epoca sono ancora molto più quotate, ma è altrettanto vero che fanno da volano per le moto da collezione i cui prezzi in questi ultimi anni sono letteralmente decollati.

 

 

 

Tuttavia, occorre sempre cerare di giungere al contempo ad una visione più dettagliata possibile per non correre troppi rischi e commettere errori grossolani. Infatti, certe frange di mercato nel nostro campo subiscono altre tendenze, questa volta in ribasso. E' il caso per esempio per le moto diciamo “utilitarie” dagli anni '50 in giù.

 

 

 

Le moto di quegli anni ormai fanno fatica a trovare ex possessori, molti di questi sono già deceduti e ai più giovani non interessano particolarmente. Quindi, in poche parole, se si prendono bene ok, altrimenti meglio lasciare stare. Per concludere diremmo che i mezzi d'epoca stanno andando forte, e considerando l'incresciosa situazione economica sono probabilmente destinate a restare un ottimo investimento. Conviene dunque tenersele strette ed eventualmente cercare di migliorarne le condizioni di originalità, estetica e funzionalità onde assicurarsi il maggiore valore su investimento possibile.

Antoine Fratini

 

 

perché investire nelle moto d'epoca

 

 

 

Il collezionismo è un fenomeno complesso da decifrare perché comporta aspetti legati tanto all'economia che alla psicologia.

 

In un periodo storico fortemente inflazionistico e per giunta di cambiamenti molto rapidi e in gran parte imprevedibili, non è mai scontato capire come investire i propri risparmi. Tanto più che, come molti esperti avvertono, l'euro numerico è alle porte e i risparmi rischiano fortemente di essere soggetti ad ulteriori tassazioni, se non addirittura a confische o interdizioni. Se la crisi finanziaria che conosciamo oggi dovesse trasformarsi in una crisi bancaria, e in parte sta già accadendo con le recenti vicende della SV Bank e del Crédit Suisse, allora potrebbe essere utilizzata dalla UE come scusante e falsa legittimazione per compiere i peggiori misfatti dal punto di vista del diritto monetario.

 

Alcuni importanti economisti nel passato hanno attirato l'attenzione sull'irrazionalità dell'homo aeconomicus. Se per molto tempo si era pensato di riuscire a prevedere il comportamento dei consumatori, ora l'accento viene piuttosto messo sulla relazione tra questi e il sistema economico. Vale a dire che si è passati da una concezione causale di tipo lineare, classica, ad una circolare, “sistemica”, dove gli effetti incidono di ritorno sulle cause sino al raggiungimento di sotto sistemi stabili per un dato periodo di tempo.

 

Tuttavia, basandoci sul mercato dei beni di lusso, una delle costanti nel cambiamento è data ancora una volta da un fattore irrazionale di natura psicologica: la passione. L'emblema per eccellenza di questa anima passionale è la Ferrari. Le rosse di Maranello infatti, così come gli altri marchi più blasonati, sembrano volare al di sopra delle crisi.

 

Ogni qual volta ci si china da vicino sul comportamento umano, compreso quello legato al consumo, tale fattore irrazionale emerge prepotentemente. Il che costituisce un paradosso in quanto proprio l'irrazionale può diventare per questa via oggetto di indagine razionale. Lo sanno bene ormai i traders che non mancano di investire su grandi marchi di lusso.

 

Solo che il settore collezionistico è in parte al di fuori della portata di questi ultimi in quanto richiede non solo fiuto per le oscillazioni del Mercato, ma anche e soprattutto delle conoscenze fine e specifiche. In poche parole: non ci si improvvisa collezionista. Questo vale in tutti i settori del collezionismo, dall'arte all'antiquariato passando dal campo motoristico. Proprio quest'ultimo presenta una fortissima passionalità perché combina moda, apparenza, agonismo, storia e ingenio.

 

Mentre le auto sportive sono ormai da tempo oggetti particolarmente pregiati in tutto il mondo (basti pensare ai garage pieni di super sportive di certi emiri), le moto tutto sommato sono ancora un po' snobbate, ma appare giustificato prevederne una sensibile rivalorizzazione. Così andrebbe interpretato, a mio parere, gli aumenti costanti dei prezzi delle moto d'epoca in generale cui assistiamo da diversi anni ormai e in particolare, cosa sulla quale molti non avrebbero scommesso, da quando si è instaurata la crisi sancita prima dal covidismo e poi con le sanzioni alla Russia e le relative implicazioni sull'energia, sull'economia, sull'agricoltura e quindi sui beni di consumo.

 

Sulla realtà del rialzo delle quotazioni di mercato delle moto d'epoca i prezzi che girano su internet e nei mercatini, anche se a volte possono essere esagerati, lasciano pochi dubbi. E ancora una volta, si stenta per lo più a fidarsi del fattore irrazionale, nonostante le argomentazioni sopra elencate. Ci si stupisce sempre. E sempre al momento le motorette del cuore vengono stimate in maniera frettolosa e più per paura (altro fattore emotivo da sapere gestire) troppo onerose. Salvo doversi ricredere pochi anni o addirittura mesi dopo.

 

Quali sono allora i criteri maggiori da tenere in conto?

 

  • rarità del mezzo

  • documentazione

  • blasone

  • richiesta del mercato

  • condizioni generali

  • originalità

  • prezzo

 

La rarità del mezzo è data dal numero di esemplari costruiti e rimasti sul mercato. Più il mezzo è stato venduto, maggiore potrà essere il numero di persone che lo avrà posseduto in passato e che vorrà togliersi la soddisfazione di riaverlo.

 

La documentazione è necessaria al fine soprattutto della possibilità di reimmatricolazione e di circolazione, oltre che per la ricerca storica e la lecita provenienza. In generale i mezzi d'epoca con documenti sono più rari ed appetibili.

 

Il blasone si lega al prestigio del marchio e del modello. Certi marchi e modelli sono comunque importanti al di là degli altri criteri. In generale sono modelli che hanno fatto la Storia della moto o/e che si sono particolarmente distinti nelle competizioni.

 

Le richieste del Mercato sono certo interpretabili, ma chi bazzica nel settore da molto tempo è certamente in grado di coglierle senza troppe difficoltà. Qui non si tratta di commettere l'errore di concentrarsi sulle motivazioni di quelle richieste, sarebbe probabilmente tempo sprecato, ma di prenderne semplicemente atto, di accettare il fatto pur nella sua irrazionalità.

 

Le condizioni di conservazione del mezzo sono quelle che molto spesso fanno la differenza tra “moto vecchia” e “moto d'epoca” (o “classica”). Basti notare le reazioni del pubblico davanti agli stessi mezzi d'epoca a secondo se sono restaurati (o conservati a dovere) o in scarse condizioni. Da considerare in particolare le condizioni del motore e del telaio.

 

L'originalità è data dalla conformità all'originale dei pezzi costituenti il mezzo e richiede una valutazione spesso particolareggiata che solo un conoscitore può fare. È infatti facile imbattersi su oggetti “fatti su”, se non addirittura falsificati.

 

Il prezzo. Potrà sembrare strano porre questo fattore alla fine, ma in realtà è la logica conseguenza del discorso posto in questo articolo. Uno degli errori più comuni commessi dal collezionista, infatti, consiste nel volere acquistare sotto costo, “fare il super affare”, mentre basterebbe acquistare ad un prezzo ragionevole, cioè in linea o leggermente inferiore a quello di mercato.

 

Naturalmente, questo articolo non ha nessuna pretesa di esaurire l'argomento, ma intende modestamente mettere l'accento sulle possibilità di investimento in un campo come quello delle moto d'epoca la cui attrattiva è destinata probabilmente a crescere ulteriormente e che in ogni caso permette di mantenere il capitale investito fuori dall'erosione inflazionistica.

 

Antoine Fratini

 

 

Il "Monociao", una idea nata da un sogno

Da sempre i sogni vengono in aiuto alle persone impegnate in discorsi creativi in tutti i campi delle attività umane. Il chimico Kekulé, per esempio, scoprì la struttura a catena chiusa del benzene dopo avere sognato l'immagine dell'Uroboros, il noto serpente che divora sé tesso dalla coda, simbolo alchemico per eccellenza. Per il grande psicoanalista Carl Gustav Jung i sogni sono prodotti dall'inconscio, un sistema psichico svincolato dalla logica classica.  Egli sosteneva che l'inconscio era sempre più avanti rispetto alla coscienza e vi attribuiva, tra l'altro, le funzioni di completare e compensare la coscienza. Così, non c'è tanto da meravigliarsi se idee creative possono emergere da quella parte più oscura di noi che di solito non consideriamo.

 

Alcuni circostanze devono essere comunque presenti perché l'inconscio possa confezionare sogni del genere. Nel mio caso, oltre al fatto che non era il primo sogno importante in cui compare l'immagine di un motociclo, tenevo un vecchio telaio nudo e crudo di un Ciao che prendeva posto in garage. L'unica idea che mi veniva in  mente, dopo avergli tolto tutto quello che poteva servirmi come ricambi, era di portarlo dal demolitore o di regalarlo a qualche amatore che magari poteva disporre dei pezzi mancanti per completarlo. Il demolitore, pensai, potrebbe fare storie visto che il mezzo è sprovvisto di documento, mentre al fine di rimetterlo in condizione c'erano veramente troppi lavori da effettuare, sicché non ne valeva la pena.

 

Fu allora che durante la notte un sogno mi presentò il Ciao in forma di... mono pattine! Rimasi colpito da quel riscontro onirico, da quella strana idea del "monociao", tanto da decidere di realizzarlo concretamente. Anche se il mono pattine attualmente sembra tornare di moda (se ne vedono sempre di più sia in città che nei mercatini), non ho nessuna pretesa né commerciale né di altro tipo rispetto a quella creazione. La considero semplicemente come un omaggio concesso alle mie limitatissime competenze manuali.

Umberto guareschi, lo "zar" della bassa parmense

Se il nostro Collodi nazionale tornasse in vita e atterrasse nell'officina di Umberto Guareschi, probabilmente troverebbe abbastanza materiale umano e tecnico per scrivere un altra meravigliosa fiaba da consegnare ai posteri : quella dello zar della bassa, classe 1937, nato e vissuto sempre nel piccolo borgo di Trecasali, vicino a Parma.

 

Se il personaggio di Geppetto riesce, con l'aiuto dell'amorevole fata, ad insufflare anima nel corpo della sua creatura legnosa, Umberto Guareschi, toccato da altre e più moderne muse ispiratrici, da ben quarant'anni riesce a confezionare moto da sogni. E ciò che fa sognare non è mai privo d'anima. Questa sua competenza quasi magica si espresse già, come è consuetudine del genio, in giovane età quando a diciannove anni, dopo soli tre anni di gavetta come aiutante meccanico, Guareschi aprì la propria officina. Da allora in poi il suo estro fuori dal comune non smise mai di crescere e di stupire. Dirigere nei primi anni '70 una scuderia di motocross con pochi mezzi economici e ottenendo ottimi risultati non è cosa da poco, ma progettare e realizzare partendo da zero una moto da cross che avrebbe anticipato addirittura di una decina d'anni la soluzione tecnica del doppio freno a disco, è a dire poco straordinario.

 

 

Lo Zar Guareschi del 1976 con doppio freno a disco, ricostruito di recente in vista della partecipazione al campionato italiano di motocross d'epoca della FMI

 

Viene da chiedersi quale fortunata carriera avrebbe potuto svolgere Guareschi se fosse stato ingaggiato da qualche grande marca motociclistica. In effetti, la capacità di anticipare i tempi è uno dei marchi del genio e una qualità che non di rado risulta determinante anche per il successo commerciale. Per fare un esempio, se la pure gloriosa Aspes avesse creduto maggiormente nella moto 125 da cross raffreddata a liquido testata già nel 1977 (vedi servizio sulla rivista Motocross), avrebbe probabilmente spazzato via ogni concorrenza, almeno per alcuni anni visto che questa soluzione si avverò efficace e fu adottata da tutte le marche a partire del 1980.

 

Quarant'anni di esperienza e passione fanno di Guareschi uno dei massimi depositari del sapere empirico riguardante le moto di piccola cilindrata. Questo tipo di conoscenza vissuta assomiglia a quella che caratterizza in alto grado i popoli indigeni che conoscono tutto dei poteri delle piante, radici, cortecce... solo che in quel caso è rapportato al mondo dei motori. Nel 1976 Guareschi realizza per alcuni piloti, tra cui quelli della sua scuderia, lo Zar Guareschi, il cui nome è l'acronimo costituito dalle iniziali delle persone che collaborarono al progetto (Zanardi, Allodi, Reggi). Si trattava di un cinquantino da cross dall'aspetto spudoratamente « racing », con freno a disco anteriore e posteriore, serbatoio in alluminio saldato a mano, forcellone a banana e motore Sachs elaboratissimo dotato di carburatore da 36 ! Nella serie « a volte ritornano », da quest'anno lo Zar partecipa con successo al campionato italiano di motocross d'epoca FMI con Giuseppe Giansoldati, uno dei piloti che militavano nella scuderia Guareschi degli anni '70.

 

Sempre allo scopo di ripercorre succintamente le tappe più salienti dell'opera di Guareschi, gli inizi degli anni '80 diedero alla luce alcuni esemplari di ottantini da cross dall'accurata rifinitura e dalla linea immancabilmente « racing », con motore Minarelli raffreddato a liquido, mono ammortizzatore e freni a disco. Da segnalare anche la produzione di una cinquantina di minicross e altrettanti ottantini da cross con blocco motore Minarelli e termica Beta spediti in Belgio e Olanda.

 

Successivamente, cavalcando opportunamente il boom delle moto d'epoca, l'attività principale si spostò dalle corse al restauro e dal cross alla pista. Un bel esempio di questo significativo passaggio è rappresentato dal Minarelli 80 corsaiolo riportato nella foto qui sotto.

 

Minarelli 80 H2O

 

Ma evidentemente, nonostante l'impegnativo lavoro, Guareschi non poteva stare a lungo senza cimentarsi nella realizzazione di nuove e originali idee. Un atteggiamento che probabilmente lo aiuta a mantenere quella invidiabile giovinezza di spirito che gli conosciamo. Così, le ultime creature da sogni uscite dal suo laboratorio sono costituite da due moto da velocità, un 50cc bicilindrico e un 125cc quattro cilindri realizzato su base Cagiva 7 marce, entrambi a 2 tempi, raffreddati a liquido e, ovviamente, marchiati « Guareschi ».

 

Guareschi 50 bicilindrica


Guareschi 125 quattro cilindri


E per concludere degnamente questo breve servizio che vuole essere al contempo un meritato omaggio rivolto al protagonista Umberto Guareschi, su gentile concessione di quest'ultimo presentiamo in anteprima assoluta il prototipo, ancora in fase di realizzazione, di un cinquantino da cross motorizzato Sachs... con variatore !

 

A.F.

 

Moto Villa come back!

E' stato con grande commozione che domenica scorsa Francesco Villa ha potuto rivedere in sella ad una delle proprie moto il grande Campione Franco Picco, che proprio sulle moto di Francesco aveva esordito nella carriera di professionista e vinto diversi importanti campionati negli anni '70. Il binomio Villa-Picco trovò il suo apice con la vittoria del Campionato Italiano Juniores 250 nel 1976 e la vittoria del Campionato Seniores 500 nel 1978. Seguirono anni di esaltanti vittorie ma il binomio non riuscì più ad agguantare la vittroria del Campionato Italiano a causa dell'introduzione, nei regolamenti sportivi, della regola che prevedeva di dover scartare alcuni dei risultati peggiori della stagione, col risultato che Picco, nonostante avesse il maggior numero di punti, per alcuni anni non potè classificarsi meglio che secondo, e solo quando Picco lasciò la Moto Villa la regola degli scarti venne abbandonata...

Lusingato dai ripetuti inviti dei sapienti organizzatori del Campionato Italiano di

Motocross d'Epoca FMI 2015, Franco Picco ha deposto ogni reticenza accettando di partecipare ad alcune gare del Campionato 2015 in sella ad una Moto Villa 360 FV identica a quella che egli pilotava nel 1977 e che Francesco Villa gli ha preparato per l'occasione. Non crediate che l'unico commosso fosse Francesco Villa, domenica scorsa sulla pista San Giuseppe di Fara Vicentino, nel rivedere il “suo” grande Campione nuovamente in sella: assieme a lui anche tutto il pubblico presente era visibilmente emozionato.

La nostra associazione non può che continuare a complimentarsi con gli organizzatori del Campionato Italiano di Motocross d'epoca FMI, primo fra tutti Paolo Torta, che stanno conferendo al proprio Campionato una svolta di alto profilo, anche con la partecipazione di piloti importanti e famosi.

Per la cronaca, Franco Picco ha ben figurato tenendo conto del periodo di inattività nel cross, e hanno ben figurato anche tutti gli altri piloti in sella alle Moto Villa: Alessandro Orbati ha vinto la gara nella Classe C, mentre Gianluca Gallingani, che si sta preparando per la gara in trasferta di Farleigh Castle (UK) si è dovuto accontentare del secondo posto nella Classe B proprio davanti a Franco Picco giunto sul podio. Ancora Michele Pierucci a dominare nella Classe E1 dove Franco Ulivi (anch'egli nei preparativi per la partecipazione della gara di Farleigh Castle), dopo aver vinto la 1^ manche, ha dovuto abbandonare alla 2^ per un guasto alla moto.

 

Daniele Neri

Ass. Macchine veloci

Moto Villa

 

 

 

Aspes 125 crc '78: la bestia oro, arancione e nera!

 

 

Quando il modello “Hopi 125 CRC” fu presentato al Salone del motociclo di Milano alla fine del 1977, il marchio Aspes si era già distinto nelle diverse categorie del motocross, ottenendo importanti vittorie nei campionati regionali e nell’Italiano con il pilota ufficiale Corrado Maddii, nonché alcuni incoraggianti piazzamenti nel mondiale. All’epoca l’Aspes fu uno dei pochi veri costruttori di moto da fuoristrada in Italia. In effetti, la maggiore parte dei suoi concorrenti, come Aprilia, TGM, Gori, SWM, Ancillotti ecc. erano degli assemblatori che montavano parti concepite e prodotte da altre ditte specializzate, come per esempio i motori Hiro e Sachs. Sul piano imprenditoriale come su quello tecnico, la differenza è enorme. Essere costruttore vuole dire per esempio stilare programmi complessi inerenti alla progettazione, la produzione, il collaudo e l’evoluzione nel tempo di propulsori e telai, quindi portare avanti un impegno complesso, oneroso e rischioso cui l’Aspes ha saputo rispondere per oltre un decennio prima di affondare definitivamente nel 1982, periodo fatidico anche per molti altri marchi che avevano fatto la Storia del Fuoristrada, davanti all’invasione dei giganti nipponici del settore. Una invasione brusca e prepotente che rese fatale alle piccole ditte italiane a carattere semi-artigianale il minimo errore. Inoltre, per un certo periodo, l’Aspes costruì addirittura anche le proprie forcelle e seppe ammodernare i propri modelli di anno in anno apportando sempre nuove migliorie, anche se magari sul versante estetico le moto che si susseguivano potevano in effetti assomigliarsi per alcuni accorgimenti cui l’Aspes rimase a lungo fedele, quale il tipico serbatoio arancione in vetroresina.

 

Il modello denominato Hopi 125 CRC ‘78 proveniva direttamente dal modello precedente, l’Hopi CRC ’77, con il quale aveva in comune il motore, un potente e grintoso 2 tempi radiale a 5 marce e 5 luci di travaso con carburatore Dell’Orto da 34 (passato poi a 38 sul modello “HF” del ’79). Il telaio invece era diventato di tipo monotrave sdoppiato a livello del cilindro. Le sue doti di maggiore robustezza rendevano però il mezzo più rigido e un po’ meno maneggevole del suo predecessore. Le sospensioni erano migliorate ulteriormente con la forcella Ceriani (o Corte & Cosso esagonale) di maggiore escursione e gli ammortizzatori, sempre Corte & Cosso a gas con serbatoio separato, ma a doppia molla questa volta. Per il resto delle modifiche, da segnalare una nuova marmitta ad espansione meno sporgente della precedente, una cassetta filtro più riparata e dei cerchi Borrani “oro” (il must dei quei tempi). Nonostante queste indubbie migliorie, la prova pubblicata sulla rivista Motosprintdel Maggio 1978 fu a dire poco disastrosa. Francamente, non saprei trovarne una spiegazione, visto che la prova del precedente modello con identico propulsore pubblicata sulla rivista Motocross l’anno prima era entusiasmante sotto ad ogni profilo! Purtroppo, i giornalisti ci hanno abituati a queste strane contraddizioni. Basti pensare che in Francia il giudizio sulle moto italiane è rimasto lo stesso da oltre trent’anni! Non penso che una moto entusiasmante per una rivista possa diventare d’un tratto un catorcio per un’altra! Sta di fatto che il modello ’78 fu una vera catastrofe sul piano delle vendite che calarono vertiginosamente, nonostante l‘Aspes avesse continuato ad investire nel reparto corse dimostrando ancora una volta la grande validità del mezzo grazie a piloti come Zocchi e Dotti. A mio modesto parere, le responsabilità della suddetta rivista rispetto a tale andamento commerciale e quindi all’insuccesso del modello appaiono altamente probabili.

 

Alcune scelte un po’ azzardate, ma particolarmente affascinanti, come l’abbinamento dei colori arancione per le sovrastrutture, nero per il telaio e lo sfondo degli adesivi, oro per sospensioni, carter motori, cerchi e catena, contribuirono a fare del CRC ’78 una delle moto da cross più originali e interessanti dal punto di vista estetico di quegli anni e non solo. La sua linea risultava particolarmente spigolosa e aggressiva, anche in virtù della conformazione radiale del gruppo termico e del codino rialzato. Per quanto riguardava il motore, pochi accorgimenti come un’accurata carburazione, una marmitta calibrata e una lieve levigata alle luci del cilindro bastavano per renderlo una vera bomba. Unico punto debole: la coppia posta piuttosto in alto e quindi una relativa carenza di elasticità comunque tipica di tutti le 125 da cross di quell’epoca. Naturalmente, tale caratteristica non propria agevole per la guida, forse un po’ più pronunciata sull’Aspes che su certe sue concorrenti, contribuì ad alimentare il mito della “belva cattiva dai colori strani”.

 

 

Antoine Fratini

 

Impressioni di guida Aspes 125 cr hf ‘79

 

Per carburazione sballata e successive noie meccaniche non ho potuto fare una vera prova, ma sono lo stesso riuscito ad evidenziare quanto segue:

 

La posizione di guida è ottima, con i comandi che cadono al punto giusto. La sella lunga e non eccessivamente dura e gli svasi laterali sul serbatoio permettono agevoli spostamenti durante la guida, il che anticipa già quella impostazione che caratterizzerà le più moderne moto da cross.

 

anche la stabilità del mezzo è ottima nei dritti e nello sconnesso. Buonissima anche la tenuta di strada nelle curve sia larghe che strette, dove la forcella da 36 in magnesio dritta permette buoni inserimenti e un largo raggio di virata. Ho notato forse una leggera tendenza dell’avantreno ad alzarsi nei salti, ma con un minimo di confidenza è cosa del tutto rimediabile.

 

La frenata è eccellente (per moto di quell’epoca, ovviamente), mentre le sospensioni posteriori sono sembrate dure con rischio di saltellamento nello sconnesso, probabilmente a causa dell’ancoraggio molto meno inclinato che nel modello precedente del ’78.

 

Per quanto riguarda il motore, risulta bello pieno e meno scorbutico del modello precedente con carbu da 34, mentre la potenza appare ulteriormente aumentata ed è notevole, il che permette di affrontare salitoni a forte velocità senza mai avvertire cali significativi di giri, e permette anche di ripartire agevolmente dopo curve lenti.

 

Una moto quindi nel complesso molto efficace, che sicuramente per la sostanza mostrata non ha avuto il successo commerciale che avrebbe meritato, il quale però deriva di norma da molti fattori extra tecnici. Nel caso della HF, sicuramente il relativo insuccesso è stato almeno in parte determinato dall’infame prova del modello precedente pubblicato su Motosprint in cui, non si sa bene come, l’Aspes provata nel ’77 con esito estremamente positivi dai tester della rivista Motocross con lo stesso motore e più o meno con le stesse sospensioni, era diventata un catorcio in tutto! Misteri del giornalismo!

 

un ringraziamento particolare al MC Salsomaggiore che ci ha messo a disposizione uno dei più bei tracciati d’Italia, la pista Predella di Salsomaggiore, per realizzare questo test che meriterebbe sicuramente ulteriore approfondimento.

 

Antoine Fratini